frammento_vaso_decoratoLungo questa forra, nel fianco sinistro del fosso, si aprono circa 20 grotte denominate Tane del Diavolo, molte delle quali, in tempi remotissimi, sono state abitate dall’uomo che ha lasciato all’interno di esse testimonianze della sua presenza, ed esse hanno restituito sicuramente i più antichi materiali di tutto il territorio orvietano (dal Paleolitico Superiore alla Civiltà del Bronzo). Tre sono le più grandi e le più esplorate, comunemente chiamate Tana Minore, Tana del Rospo Superiore e Tana del Faggio o Grotta Grande. Presentano un notevole sviluppo orizzontale per parecchie decine di metri, con andamento labirinticolo dovuto ad un intricato sistema di gallerie, sale e meandri. La più vasta é la Grotta Grande la quale ha uno sviluppo di circa 700 metri, ed al suo interno vi sono due sale di notevoli dimensioni ed un laghetto di formazione periodica (compare e scompare).
Nascoste da una fitta vegetazione e di difficile accesso, localmente erano conosciute e visitate sin dal Seicento in quanto all’interno di una di esse é stata trovata, graffiata su una roccia, la data 1615.
Nel luglio l932 il francese Gilbert Pineton dei conti di Chambrun, appassionato di speleologia, trovandosi a Parrano ospite del cognato principe Alessandro Edmondo Ruspoli, all’epoca proprietario del castello, le esplorò e le segnalò al professor Umberto Calzoni, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Perugia. Il Calzoni nei successivi mesi di agosto e di settembre, vi eseguì degli scavi sistematici, e vi rinvenne molti resti antropologici, abbondante materiale della più remota età della pietra, numerosi frammenti di terracotte del periodo pre-etrusco (Civiltà del Bronzo: Media, Recente e Finale, circa 2000 a.C.) e resti di fauna di clima freddo (marmotte e stambecchi). In particolare: nella Tana Minore trovò numerosi resti di una locale industria litica, mentre nella Tana del Rospo Superiore rinvenne materiali del periodo appenninico e sub-appenninico, quali fondi di capanne, oggetti ceramici ed una vasta necropoli. I reperti rinvenuti furono portati nel Museo Archeologico Nazionale di Perugia dove sono tuttora conservati e testimoniano la presenza dell’uomo in questa parte dell’Umbria già da circa 28.000 anni.
La scoperta di questa stazione paleontologica ebbe risonanza nazionale e fu ritenuta importantissima per i rarissimi ritrovamenti di vita paleolitica e per le terracotte, ma anche perché dimostrava l’esistenza di una civiltà appenninica anteriore a quella etrusca. Inoltre, per la loro postura, queste grotte che si aprono su balze strapiombanti su un fiume, sono ritenute caverne sacre alle genti appenniniche.
Il professor Calzoni, archeologo, profondo conoscitore della preistoria e protostoria d’Italia, e in particolare dell’area centrale, legò il suo nome a questa scoperta, e nel 1934 pubblicò un interessante saggio in Archivio per l’Antropologia e la Etnologia, volume LXIII, dal titolo “Scoperte preistoriche nelle “Tane del Diavolo” presso Parrano (Orvieto)”, oggi introvabile.
Successivamente le grotte furono visitate e studiate da archeologi di rilevanza nazionale, quali il Lippi Boncambi, lo Stefanelli, il Lotti ed altri, che, poi su di esse, pubblicarono interessantissimi saggi.
Nel 1992 in una di queste grotte, sono stati trovati tre vasetti di terracotta contenenti delle bacche ricoperte da uno strato di grasso animale, il tutto in perfetto stato di conservazione. Durante una recente campagna di scavi sono venute alla luce resti di cocci, accette, perline, collane, ma anche cenere e frammenti di ossa di animali sotto un masso di notevoli dimensioni, per cui si presume che in queste grotte si praticassero dei riti religiosi.
(da Franco Milani: Parrano. Un castello dell’Umbria)
(Da Franco Milani. Parrano, un castello dell’Umbria)
Alcuni reperti della tomba etrusca di Suriano sono conservati presso il Museo del Territorio – Centro di Documentazione Territoriale di Parrano.
Pagina aggiornata il 25/10/2023